di Don Antonino Licciardi, Rettore del Seminario Arcivescovile
“I fedeli che si radunano nell’attesa della venuta del loro Signore, sono esortati dall’Apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (cfr. Col 3, 16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (cfr. At 2, 46). Perciò dice molto bene sant’Agostino: “Il cantare è proprio di chi ama”, e già dall’antichità si formò il detto: “Chi canta bene, prega due volte”. Nelle celebrazioni si dia quindi grande importanza al canto” (MR 19), per mezzo del quale viene favorita e stimolata “quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia e alla quale il popolo cristiano, “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato” (1 Pt 2, 9; cfr. 2, 4-5), ha diritto e dovere in forza del Battesimo” (SC 14).
Nell’azione liturgica celebrata in canto “la preghiera acquista un’espressione più gioiosa, il mistero della sacra Liturgia e la sua natura gerarchica e comunitaria vengono manifestati più chiaramente, l’unità dei cuori è resa più profonda dall’unità delle voci, gli animi si innalzano più facilmente alle cose celesti per mezzo dello splendore delle cose sacre, e tutta la celebrazione prefigura più chiaramente la liturgia che si svolge nella Gerusalemme celeste” (MS 5).
Poiché, dunque, “non c’è niente di più solenne e festoso nelle sacre celebrazioni di un’assemblea che, tutta, esprime con il canto la sua pietà e la sua fede” (MS 16), sulla scorta di quanto si è fatto in campo nazionale con il “Repertorio Nazionale di canti per la liturgia”, anche noi che operiamo in questo particolare settore, siamo chiamati a dare il nostro prezioso “contributo per la verità, la spiritualità e la dignità delle celebrazioni” (dalla Premessa al Repertorio nazionale di canti per la liturgia).
Nella selezione dei canti, valorizzando anche l’apporto musicale di autori locali, si tenga conto sia della sicurezza dottrinale dei testi che del loro decoro letterario, si rispettino le indicazioni per un’adeguata collocazione liturgica, corrispondente al mistero, al tempo, al momento celebrato (cfr. Il canto nelle celebrazioni liturgiche, 5); si lavori affinché i canti vengano correttamente insegnati ed eseguiti, e che nei vari incontri diocesani sia più concretamente favorita l’efficace e unanime partecipazione dei fedeli alle celebrazioni, segno non ultimo di comunione ecclesiale.
Ci auguriamo soprattutto che “mentre costruisce e celebra il Culto divino in modo da esprimervi tutto il proprio mistero, la Chiesa si lasci modellare dalle realtà celebrate per essere degna essa stessa di celebrarle e annunziarle agli uomini” (Il rinnovamento liturgico in Italia).
“I fedeli che si radunano nell’attesa della venuta del loro Signore, sono esortati dall’Apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (cfr. Col 3, 16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (cfr. At 2, 46). Perciò dice molto bene sant’Agostino: “Il cantare è proprio di chi ama”, e già dall’antichità si formò il detto: “Chi canta bene, prega due volte”. Nelle celebrazioni si dia quindi grande importanza al canto” (MR 19), per mezzo del quale viene favorita e stimolata “quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia e alla quale il popolo cristiano, “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato” (1 Pt 2, 9; cfr. 2, 4-5), ha diritto e dovere in forza del Battesimo” (SC 14).
Nell’azione liturgica celebrata in canto “la preghiera acquista un’espressione più gioiosa, il mistero della sacra Liturgia e la sua natura gerarchica e comunitaria vengono manifestati più chiaramente, l’unità dei cuori è resa più profonda dall’unità delle voci, gli animi si innalzano più facilmente alle cose celesti per mezzo dello splendore delle cose sacre, e tutta la celebrazione prefigura più chiaramente la liturgia che si svolge nella Gerusalemme celeste” (MS 5).
Poiché, dunque, “non c’è niente di più solenne e festoso nelle sacre celebrazioni di un’assemblea che, tutta, esprime con il canto la sua pietà e la sua fede” (MS 16), sulla scorta di quanto si è fatto in campo nazionale con il “Repertorio Nazionale di canti per la liturgia”, anche noi che operiamo in questo particolare settore, siamo chiamati a dare il nostro prezioso “contributo per la verità, la spiritualità e la dignità delle celebrazioni” (dalla Premessa al Repertorio nazionale di canti per la liturgia).
Nella selezione dei canti, valorizzando anche l’apporto musicale di autori locali, si tenga conto sia della sicurezza dottrinale dei testi che del loro decoro letterario, si rispettino le indicazioni per un’adeguata collocazione liturgica, corrispondente al mistero, al tempo, al momento celebrato (cfr. Il canto nelle celebrazioni liturgiche, 5); si lavori affinché i canti vengano correttamente insegnati ed eseguiti, e che nei vari incontri diocesani sia più concretamente favorita l’efficace e unanime partecipazione dei fedeli alle celebrazioni, segno non ultimo di comunione ecclesiale.
Ci auguriamo soprattutto che “mentre costruisce e celebra il Culto divino in modo da esprimervi tutto il proprio mistero, la Chiesa si lasci modellare dalle realtà celebrate per essere degna essa stessa di celebrarle e annunziarle agli uomini” (Il rinnovamento liturgico in Italia).