Duomo di Monreale
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Il Tesoro della Basilica e la Cappella Mons. Giovanni Roano


Il tesoro della Cattedrale di Monreale è sito nella sacrestia della Cappella del Santissimo Crocifisso ed è di grandissima importanza non solo per la preziosità delle opere d'arte decorativa che contiene, ma perché queste sono fruibili.

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Il Tesoro del Duomo Monreale è infatti uno dei pochi visitabili dell'isola. L'arcivescovo spagnolo Giovanni Roano fece costruire la “Cappella del Santissimo Crocifisso” per porvi il crocifisso ligneo che secondo un'antica tradizione, riferita da Ottavio Gaetani e riportata dal Can. Millunzi, fu dono di Guglielmo II.

Il crocifisso, è un'opera di notevole pregio artistico oltre che storico ed è da datare al XV secolo, è inserito in una nicchia fiancheggiata da due colonne tortili. L’immagine è inchiodata all’albero di Jesse.
La pianta nasce dal fianco del re di Giuda e i suoi rami presentano gli altri re progenitori di Gesù. In cima la figura della vergine. L'opera si pone come esemplare tardo della corrente del Gotico internazionale di derivazione nordica, ma variamente presente anche in Sicilia per il tramite iberico. Va ricordata a tal proposito la forte penetrazione artistica spagnola nell’arte del quattrocento siciliano.

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La cappella, progettata nel 1686 dal cappuccino fra Giovanni da Monreale, venne poi realizzata sotto la guida dell'architetto gesuita Angelo Italia, che lo sostituì nel 1688, facendo un vero capolavoro del Barocco Siciliano ancora più rigoglioso per l'accesa policromia dei marmi mischi, per le eccezionali decorazioni ad intarsio sulle pareti che evocano sulle pareti un mondo di uccelli, mostri e puttini.
Allo splendore dei mosaici del Duomo di Monreale si aggiunge così quello dei marmi mischi, che opportunamente dislocati, non si sovrappongono a quelli, ma permettono la compresenza di due momenti artistici fondamentali dell'isola in un unico grandioso monumento.
Simbolicamente ogni immagine e ogni raffigurazione della cappella inneggia al sacrificio di Cristo, cui tutto l’ambiente è dedicato. All’ingresso nella trabeazione raffigurante il precursore con l’agnello e la croce e nei pilastri le figure allegoriche della speranza e della fede accompagnate dai loro simboli l’ancora e il calice. Nel pavimento gli intarsi marmorei raffigurano la scena relativa al profeta Giona che gettatosi in mare per placare la tempesta, venne ingoiato da una balena che dopo tre giorni lo vomitò indenne, chiaro simbolo cristologico di resurrezione e di speranza di vita eterna per i defunti.
La cappella venne scelta dall’arcivescovo Roano come luogo della sua sepoltura. Nella cripta sono conservate tombe di vari arcivescovi.

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Da attenzionare il paliotto dell’altare realizzato in marmi mischi in cui vengono riprodotte alcune colonne tortili, il cui disegno venne dato da dio a Davide e furono poi da Salomone realizzate nel tempio di Gerusalemme.
A delle fontane laterali fonte di vita corrispondono due grandi vasi con fiori agli angoli della balconata, lo spazio del terrazzo è scandito da un pavimento a scacchiera. Sono raffigurate due donne che si abbracciano, forse Maria ed EIisabetta. Il gusto fortemente barocco della cappella si evince oltre che nelle ricche e sfarzose decorazioni anche nelle suppellettili liturgiche. Fanno parte di tali arredi uno splendido ostensorio, un pastorale e una palmatoria. Si tratta di tre pregiate opere dovute a alla maestranza degli argentieri siciliani e realizzate tutte in filigrana d’argento. Il pastorale e l’ostensorio sono ornati da una ricca varietà di gemme, quali rubini, zaffiri, smeraldi

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Stesso gusto per i forti contrasti di colore e per la ricchezza delle gemme, soprattutto smeraldi, la pietra preziosa prediletta nel seicento, presentano i parati che completano l’arredo liturgico dell’arcivescovo Roano caratterizzati da splendidi ricami realizzati con fili di seta che formano variegati fiori.

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L’uso di ornare i ricami con gemme affonda in Sicilia le sue lontane radici nella tradizione già bizantina poi araba e normanna. Tale tradizione riemerge e viene variamente riproposta in età barocca, dove i marmi mischi ripropongono lo splendore dei mosaici così i parati ricamati con gemme ricordano quelli del periodo normanno, riutilizzando talora elementi formali e iconografici di quella passata cultura.
Le maestranze trapanesi nel tesoro del duomo di Monreale sono rappresentate da opere di artisti che lavoravano il corallo. Si tratta di un calice e di una croce.
Il calice della fine del XVIII secolo è realizzato mediante il fissaggio tramite pernetti e fili metallici di elementi di corallo fitomorfi o a forma di testine di cherubini alati sapientemente scolpite.

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Tra le opere più antiche esposte nel tesoro sono una pisside, il reliquario della sacra spina e una cassettina che lo conteneva. Il reliquario è stato regalato da Filippo, re di Francia, al duomo di Monreale; è un’opera di raffinata oreficeria francese d’età gotica. La cassettina che conteneva il reliquario è tutta ornata da smalti che raffigurano tre simbolici angeli. La pisside, di forma esagonale, ha raffigurate immagini di regnanti ed è verosimilmente di importazione francese.

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Vi sono opere settecentesche, alcune riflettono del gusto rococò, come un calice e una pisside pure in argento dorato, che presentano alla base figure di gusto serpottesco.

Qualche accenno va fatto ad un evangelario conservato alla biblioteca del seminario arcivescovile di Monreale. L’opera realizzata mentre era ancora in vita Guglielmo II testimonia l’esistenza di uno scrittorio dove venivano scritti e miniati codici e di una biblioteca fondati dallo stesso sovrano. Si tratta di codici splendenti d’oro e fulgenti di colori come i mosaici, dai quali traggono molti elementi decorativi, dovuti ad artisti isolani che si ispirano a modelli bizantini non nascondendo reminiscenze arabe.

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